Raum / Space

Attualmente sembra che ogni cosa sia possibile, tuttavia la nostra capacità di immaginazione viene inconsapevolmente determinata da tendenze e opinioni. Vogliamo creare un luogo libero, non occupato, che solleciti una riflessione su convenzioni e confini, che renda possibile una libertà intellettuale e conceda spazio all'immaginazione dei desideri.
Katherina Putzer, Incontro progetto II, 21.12.2010



Sulla ri-dedicazione di luoghi o strade non credo abbia senso mettere targhe in ogni luogo “caldo”. E' un'operazione, come ho già detto, da compiere a livello culturale, per cui sarebbe sufficiente utilizzare e valorizzare la città di Bolzano come museo aperto, le sue strade e i suoi quartieri, magari proponendo dei prolungamenti a cielo aperto del museo civico, che è chiuso da anni e non si sa tutt'ora se includerà il Novecento. Usare il museo e dei percorsi a cielo aperto, come hanno fatto a Torino sulla resistenza, sarebbe un'opportunità per uscire dal circolo vizioso di una discussione chiusa su se stessa e dettata dalle consuete paure; e aiuterebbe a smitizzare falsi miti e luoghi comuni: ad esempio quello della “comunità italiana”, che era tutt'altro che omogenea - divisa tra chi stava in ricche ville in stile veneziano e gli operai che popolavano le semi-rurali, senza neanche mezzi di comunicazione con il centro città.

Andrea di Michele, Stammtisch I, 25.10.2010

 

Deve in ogni caso aumentare la partecipazione diretta delle persone sull'uso e sui cambiamenti degli spazi aperti e pubblici.

Teodora Lara Rivadeneira, Stammtisch I, 25.5.2010

 

Trovo allora è importante, anche per la costruzione di una nuova simbologia e di un monumento a un'identità meno rigida, più allargata e mista, cominciare a pensare al luogo dove costruirla, oltre che alle modalità.

Ospite, Andrea di Michele, Stammtisch II, 27.10.2010

 

Credo, appunto, che sia tutta una questione di spazio; di ritrovare e ampliare quello spazio che ci dà la possibilità di liberarci dell'ossesione dei confini, essendo finalmente il centro di qualcosa.

Valentino Liberto, Stammtisch III, 30.10.2010

 

Interessante e impressionante la frase di Zangrando: “niente si libera”. Si soffre del fatto che niente si libera […].

Angelika Burtscher, Stammtisch III, 30.10.2010

 

E’ fondamentale che questo atto guardarsi, del produrre simboli nuovi per poter guardare sé stesso e il proprio male negli occhi, coincida con il porsi di nuovo il problema della forma, con il voler fare forme. In generale, per l’arte, questo significa anche tornare a porsi il problema dello spazio, del come mi muovo in esso e del come posso dargli forma (stile) mediante una coscienza simbolica riattivata.

Matteo Cavalleri, 30.10.2010

 

Ricordo un progetto ad Amsterdam di Marti Guixe, si trattava di di creare un Ristorante temporaneo. È stato dato a disposizione uno spazio e un budget basissimo, quindi Guixe ha creato una sala tutta per gli ospiti, e come menu anziché cucinare in loco lui ha selezionato una serie di servizi di cibo a domicilio e tu chiamavi questo numero ordinavi e arrivava lo scooter con il cibo. Era uno spazio per condividere molto interessante per due motivi: uno perché il design ha raccolto una potenzialità del luogo molto interessante, appunto che ci siano tutti questi servizi di cibo a domicilio, e l’ha concentrata in un luogo. Senza grandi risorse è riuscito a creare un ristorante usando questa potenzialità. Inoltre risponde molto a una esigenza di convivialità: non ti faccio mangiare da solo questo burger che ti arriva a casa.

Daniele Lupo, Incontro di progetto II, 20.-22.12.2012


Michele Fucich, Incontro di progetto II, 20.-22.12.2010


Denis Isaia, settimana di ricerca, 29.10.2010

E’ fondamentale che questo atto di guardarsi, del produrre simboli nuovi per poter guardare sé stesso e il proprio male negli occhi, coincida con il porsi di nuovo il problema della forma, con il voler fare forme. In generale, per l’arte, questo significa anche tornare a porsi il problema dello spazio, del come mi muovo in esso e del come posso dargli forma (stile) mediante una coscienza simbolica riattivata.

Matteo Cavalleri, intervento „Un monumento al possibile“, 30.10.2010