Sono diritti di cui gode una collettività (e i suoi componenti), organizzata insediata su un territorio, o che esercita su alcuni territori (diritto di semina, pascolo, pesca,
cave, raccolte di legnatico e frutti spontanei). Derivano da antiche concessioni che legavano le comunità allo sfruttamento collettivo delle terre e al godimento dei prodotti da parte di tutti. La loro origine, antichissima (risalente al VII-VIII secolo, per meglio definirsi intorno al XVI), discende da una tipologia di diritti tendenti a garantire la sopravvivenza della popolazione in periodi storici in cui il feudatario possedeva terre e abitanti. Si trattava di concessioni che quest’ultimo garantiva alle comunità che abitavano i suoi latifondi. Con la modernità e il processo di recinzione delle terre comuni (ved. Enclosures), i terreni destinati a u. si sono andati progressivamente riducendo, sottratti dall’appropriazione dei privati. Tuttavia, nonostante queste dinamiche di privatizzazione continuino ancora oggi, la legge italiana riconosce tuttora la categoria giuridica di “uso civico” (il corpus normativo di riferimento è costituito, principalmente, dalla Legge dello Stato 16/6/1927, n. 1766 e dal relativo Regolamento di attuazione 26/2/1928, n. 332, oltre a varie norme successive).
P. Grossi, Un altro modo di possedere. L'emersione di forme alternative di proprietà alla
coscienza giuridica postunitaria, Giuffrè, Milano 1977
Verlan, http://verlan.noblogs.org/, 31.5.2010